Andrea Barone: rinascita dentro una forma finale

“Reborn” è un disco di vicinanza ma anche di resa nei conti e dentro i conti personali. “Reborn” è finalmente la forma che ha un’ispirazione e una carriera lunga degli anni, tra contaminazioni e collaborazioni, tra scritture nate ingenue ed evolutesi con magistrale piglio di carattere e maturità. Andrea Barone, autore e compositore, dalle stampe questo lavoro che in qualche modo, appunto, fa il punto della sua storia, delle sue vicende, dei suoi tanti incontri. Si affida alle voci di altri e ad altri chiede di affidarsi alla sua scrittura per un lavoro che dipinge nostalgiche traiettorie anni ’80 e ’90 di quel grande pop d’autore internazionale. Non ha tempo e non ha geografia il nuovo disco di Andea Barone…

La composizione di una vita che oggi confluisce dentro questo disco di “rinascita”. Penso che qualcosa sia inevitabilmente rimasto fuori. Cosa?
Innanzitutto, tanti altri brani e idee che ho nel cassetto. Ho raccolto questi primi otto considerandoli i più rappresentativi per un primo album, legati dal filo conduttore della “rinascita”. In questo disco mi esprimo come autore di canzoni, ma credo di avere diverse anime, forse troppe, sono tastierista, ho suonato tanti anni in una band metal, sono diplomato in piano classico, adoro le colonne sonore, ho studiato composizione e ho composto anche brani strumentali, mai pubblicati ufficialmente, quest’album è la prima pubblicazione “ufficiale” da solista, ma rappresenta solo un lato di me, per me importante quanto gli altri.

Perché un simile titolo? Perché la rinascita?
Perché per la prima volta, e dopo averlo progettato a lungo, ho pubblicato un album di brani con musiche e testi miei, canzoni che risalgono anche a un bel po’ di anni fa, che sono cresciute con me e che da anni richiedevano di venire fuori. Ho forse aspettato troppo tempo, spero sia solo l’inizio di un percorso. Poi mi affascina in generale il concetto di rinascita, come atto di rigenerazione di sé stessi, spesso necessario nella vita, nei momenti in cui c’è bisogno di rinnovarsi, o di ritrovare parti di sé stessi. E infine Reborn è uno dei brani dell’album a cui tengo di più, e mi sembrava un titolo perfetto per il primo disco solista. Il brano è cantato da Frank Ranieri, verso metà ottobre uscirà il lyric video.

Tante le voci che custodiscono le melodie della tua scrittura. Come le hai scelte?
Alcuni dei cantanti erano amici con cui avevo già collaborato, altri li ho scelti ascoltando materiale in giro su internet, a volte suggeritomi da amici, altri me li ha indicati Vincenzo Siani, il fonico del Trees Music Studio, dove è stato registrato e missato l’album, in quanto già collaboratori dello studio. Non è stato facile trovare le voci che fossero sia giuste per i brani sia ovviamente disponibili a collaborare, ma è stato stimolante, e sono contento del risultato finale. Sono una ventina i cantanti coinvolti, molti dei quali cantano nella canzone Forever free, primo singolo del disco uscito l’anno scorso con un videoclip, un inno collettivo alla libertà. 

E tanti i classici a determinare la via dell’ispirazione. Nel futuro invece che cosa vedi? Che forma avranno le nuove scritture?
Le nuove scritture penso che prenderanno due strade opposte ma complementari, da una parte vorrei dedicarmi a brani in italiano, sempre come autore, cercando di proporli in giro e sperando di trovare i cantanti adatti, dall’altra continuerò a dedicarmi a brani in inglese, molti dei quali già in cantiere, cercando una strada meno “classica” e provando sonorità magari un po’ più ricercate. Poi non escludo la composizione di brani strumentali, a cui mi sono dedicato negli anni precedenti al disco, molti di essi sono presenti sul mio canale youtube.

E citazioni? Esistono citazioni nel disco?
Credo non ci siano citazioni davvero esplicite, sicuramente molte citazioni “sonore”, cioè spunti che ho preso da vari artisti o canzoni che mi hanno influenzato. Mi incuriosisce verificare se qualcuno le coglie, a volte capita che qualcuno mi riveli riferimenti di cui non avevo consapevolezza, ed è sempre interessante. Una citazione che però mi viene in mente adesso viene fatta al brano dei Radiohead Paranoid android: il ritornello di The colour of the rain, brano di apertura del disco, cantato da Giuseppe Capaccio, cita l’inizio dell’ultima parte cantata, dove si invoca la caduta della pioggia.
Un'altra citazione è in What we got, brano molto apprezzato, cantato da Carla Genovese: il testo racconta inquietudini giovanili, elencando una serie di cose sulle quali si può però sempre contare nella vita. Il brano Nobody home dei Pink Floyd ha un testo a tratti simile, il protagonista elenca tutto quello che ha dentro casa sua, mentre si ritrova completamente solo. 

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