Stefano Cinti presenta “Io non sono razzista, ma...”. L'intervista


Stefano Cinti è nato a Roma e attualmente vive a Bruxelles dove ha avuto l'opportunità di suonare con musicisti italiani, belgi e africani, spaziando dal jazz al samba, dal pop alla musica folk, passando per la musica del mondo. Le sue canzoni prendono spunto dalla quotidianità, da fatti accaduti che descrive con ironia e realismo.  Suona la chitarra e le percussioni (tamburello, tammorra e bodhran) e nei suoi brani fa spesso uso di tecniche di canto scat e beatbox. Le sue esibizioni dal vivo sono un ‘quasi cabaret’ con l'obiettivo di divertirsi e divertire e al contempo di lanciare messaggi ambientali e sociali supportati anche dalla sua formazione professionale e dalle attitudini personali.
Lo abbiamo intervistato in occasione dell'uscita del nuovo singolo “Io non sono razzista, ma...”.
Ciao, grazie di essere qui con noi e complimenti per il recente Premio che hai ottenuto al Festival Officine Social Movie di Arezzo. Parlaci di te e di come è nata la tua passione per la musica..
Grazie per i complimenti!
Ho iniziato a suonare la chitarra a undici anni cercando di riprodurre su una corda le melodie di Santo and Johnni. Poi ho scoperto anche le altre cinque corde e sono passato a Lucio Battisti e ai cantautori italiani ‘storici’. Ho iniziato cosi’, pensando che la chitarra fosse uno strumento per fare nuove amicizie. Era vero! La musica mi ha fatto conoscere mia moglie Janet.
 
Qual è il messaggio che vuoi lanciare con la tua musica?
Vorrei divertire e al contempo far riflettere su argomenti importanti sociali e ambientali. Ho una formazione scientifica che mi ha reso sensibile agli aspetti ambientali. Ritengo inoltre sia un dovere impegnarsi in progetti a sfondo sociale. Pertanto, continuero’ a scrivere e proporre canzoni in questa direzione…senza prendermi troppo sul serio.
 
Quali musicisti hanno ispirato il tuo stile?
Mi piace pensare di avere i piedi di Lucio Battisti, le ginocchia degli Yes e della PFM, le gambe di Cat Stevens, le anche di Tom Ze, il busto di Pino Daniele, le braccia dei Weather Report, la testa di David Sylvian e le orecchie di Louis Armstrong, il naso di Goran Bregovic, i capelli di Caparezza, gli occhi di Peter Gabriel, le mani di Nile Rodges e la voce di Bobby McFerrin. Bello eh…!
 
Di cosa parla il tuo nuovo singolo e cosa vuole trasmettere?
Parla del pregiudizio, dell’atteggiamento verso cio’ che e’ diverso da noi, i luoghi comuni e la pigrizia di confrontarsi con gli altri. Li ho descritti attraverso delle frasi che ho sentito dire negli anni e in parte rielaborato o inventato. Volevo lasciare all’ascoltatore la liberta’ di riconoscerle e/o riconoscersi in alcune di queste, di autocriticarsi, ridere di se stesso e, cosi’facendo, di migliorarsi. Non volevo giudicare nessuno anche perche’ credo che il pregiudizio sia in ognuno di noi, pronto a fare capolino; piuttosto volevo stimolare una riflessione sull’argomento. Il brano e’ una esortazione a metterci in gioco, a confrontarci per migliorarci, ad imparare a vivere tutti insieme in un mondo che sara’ sempre piu’ multietnico e multiculturale.

Al singolo si accompagna anche un videoclip. Ce ne vuoi parlare?
Il video e’ stato realizzato a Bruxelles con la partecipazione dei bambini del “Centre Communautaire Maritime (CCM)” di Molenbeek-Saint-Jean. Alcune scene sono state girate presso il CCM, altre invece all’aperto nel quartiere di Molenbeek-Saint-Jean e nella citta’ di Bruxelles. Nel video due personaggi si confrontano in situazioni diverse: in un pub, in macchina all’interno di un parcheggio, durante una passeggiata in citta’. Il personaggio principale da’ voce con forza e cinismo al pregiudizio e ai luoghi comuni, cercando di convincere l’altro che invece vi si oppone. L’ironia del testo viene amplificata dal comportamento caricaturale del personaggio principale e dalle reazioni dell’interlocutore. I giochi, le risate, le espressioni e gli atteggiamenti spontanei dei bambini, sottolineano l’assurdita’ del pregiudizio e dei luoghi comuni in un mondo che e’ in continua evoluzione. I balletti dei bambini e dei due personaggi invitano a mettersi in gioco e a confrontarsi per migliorarsi ed imparare a vivere con gli altri, in un mondo che sara’ sempre piu’ multiculturale e multietnico.
 
 Che progetti hai per il futuro? 
 Nei prossimi 150 anni voglio far convergere tutte le cose che ho fatto finora nella mia vita. Ho una formazione scientifica che mi ha reso sensibile agli aspetti ambientali. Ritengo inoltre sia un dovere impegnarsi in progetti a sfondo sociale. Pertanto, continuero’ a scrivere canzoni e lanciare messaggi su questi temi, con ironia e realismo. Continuero’ a scrivere brani per bambini e storie musicali che mi piacerebbe tradurre in forma teatrale. Negli ultimi anni ho scoperto la potenza dei videoclip musicali quali strumenti di comunicazione. Recentemente ho iniziato anche a recitare. Insomma, non vi libererete facilmente di me!
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