Finecielo racconta "La città": un viaggio nei vicoli del caos interiore


“La città” è un brano che mette in musica una frenetica notte cittadina per rappresentare lo stato d’animo del protagonista, perso nei vicoli del centro, ma anche della sua mente. L’alcol, la festa, la musica sono gli anestetici del suo dolore, mentre cerca disperatamente una via d’uscita dal caos che lo imprigiona.

Benvenuto Finecielo, è un piacere averti qui con noi oggi. Il tuo brano "La città" ha colpito molto per la sua intensità e profondità. Potresti parlarci un po' di più di questa canzone e di cosa rappresenta per te?
Ciao a tutti, grazie per avermi con voi!
La città è uno dei pezzi più articolati dell’album, scritto alla fine di una delle tante notti brave dei vent’anni, per catturare il senso di spaesamento di quel periodo della mia vita.
La composizione spinge molto sull’aspetto narrativo: la città è a conti fatti una metafora della mente del protagonista, con i suoi vicoli, le sue luci, i suoi rumori, mentre il momento lirico centrale costituisce la ‘liberazione’, ovvero la presa di coscienza.
E’ proprio quando lasciamo andare le sovrastrutture, il personaggio che ogni giorno costruiamo sulle nostre spalle, che accediamo all’essenza di noi stessi, e quindi alla felicità, che tuttavia è un evento momentaneo, proprio come nella canzone.
Lo so, è più complicato da spiegare che da ascoltare, ma in fin dei conti sta tutto lì, nella capacità di lasciare andare, nel coraggio di essere semplici.

La ricerca di sé stessi sembra essere un tema centrale nel tuo lavoro. Come si inserisce questo concetto nel tuo primo album?
La ricerca di sé stessi è il motivo alla base di FINECIELO, ciò che lo ha generato.
Le difficoltà emerse a cavallo dei vent’anni, legate al bisogno di una direzione, hanno portato a notevoli cambiamenti nella mia vita, e al manifestarsi di una serie di necessità che non potevo più mettere da parte.
La scrittura è una di queste.
In tal senso, questa ‘seconda nascita’ come la chiamo io, ha dato il via a una ricerca di significato che che passa innegabilmente per un’aspettativa tradita: quella sul mondo.
Credo che l’arte in generale nasca dalla frattura tra noi e il mondo, e rappresenti in qualche modo il nostro tentativo di sanarla.
La musica mi avvicina all’altro lato dello strappo.
Credo sia anche una necessità, soprattutto in questi tempi così privi di certezze, dove il moltiplicarsi delle strade e delle possibilità ci ha relegati ad una solitudine sempre più persistente ed angosciante.
In questo disordine, credo a chi fa proprio un significato e lo difende. Quindi, ricerca.
 
Come descriveresti il processo di scrittura di "La città"? È stato un processo rapido o ha richiesto molto tempo?
E’ stato un processo rapido, come per la maggior parte dei miei pezzi.
La scrittura per me è sempre stato un evento ‘alluvionante’, che trae forza dall’essere istintiva ed emotiva, precipitosa per certi versi. Si può dire che abbia molto a che fare con l’attesa: una volta preso atto che dentro di me si sta formando un concetto, devo solo farlo maturare, ed attendere il momento in cui si manifesterà attraverso la musica.
Ciò che poi richiede tempo è di sicuro l’arrangiamento: in tal senso, sono facilitato dall’abilità di ‘sentire’ i pezzi completi nella mia testa già all’atto della composizione, e questo mi consente di individuare suoni e parti con molta più facilità.
E’ un processo simile alla scultura: da una sensazione generale, si scava piano piano, e si ottiene il pezzo.

Il videoclip di "La città" sembra riflettere profondamente questo messaggio. Come hai sviluppato l'idea per il video?
L’idea del videoclip segue pari pari l’idea del pezzo, come spiegata poco sopra, addirittura accentuando l’aspetto narrativo.
In particolare si distinguono tre ‘momenti’ del protagonista: le riprese della scrittura, che fa da collante lungo tutto il video; il vagabondaggio nella città, che corrisponde allo spaesamento; il momento centrale, quando il palcoscenico cade e si abbandona il personaggio, lasciando spazio così alla serenità.
Tale distacco l’abbiamo creato anche a livello cromatico: si può notare infatti che il video prende i colori solo dalla parte centrale in poi, in modo da valorizzare il concetto di ‘liberazione’.
In tal senso, devo ringraziare RKH studio di Torino, per le riprese in città, e i miei carissimi amici e collaboratori Luca Piludu e Riccardo Fabris per quelle in montagna. Date un’occhiata ai loro lavori sui social, meritano!

Infine, c'è un artista con cui sogni di collaborare in futuro?
Ce ne sono diversi.
Lasciando da parte i miei grandi ispiratori (la maggior parte dei quali non è più tra noi), un anima che sento molto affine alla mia, sia umanamente che artisticamente è quella di Diodato, che seguo con molto piacere.
Un’altro artista per cui provo molta stima è Samuele Bersani, di cui ammiro in particolare l’indole poetica, e l’onestà intellettuale.
A pensarci bene anche con Brunori Sas non mi dispiacerebbe affatto collaborare Aaah
Basta così, o non mi fermo più…



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