Unico canta la possibilità di amare anche senza un “noi”, riscoprendo nuove priorità senza rinnegare il passato.
Hai iniziato giovanissimo, ispirato da artisti come Baglioni, Masini e Finizio. Quanto di loro vive ancora nella tua musica?
Questi artisti principali posso dire che sono parte di me. La mia mia voce è un mix delle loro voci. Nel tempo ho acquisito il loro modo di cantare mischiandola con la mia. La fase più difficile e delicata è stata quella di trovare la mia vera voce che si sposasse con la loro impronta che mi hanno lasciato.
Come Gigi Finizio con la sua malleabile modulazione vocale. La voce di Marco Masini, con una voce Rock molto graffiante che scuote l’anima nei suoni Pop. E per ultimo (non meno importante), la voce di Claudio Baglioni con la sua estensione (a quella grave a quella acuta) che si ramificano anche nelle orecchie di chi probabilmente non lo ascolta, ma lo apprezza.
In comune hanno tutti e tre una presenza vocale notevole che mi ha fatto innamorare tanto perché lascia un’impronta più profonda all’ascoltatore.
A livello visivo e caratteriale mi ci ritrovo anche. Finizio, un ‘timidone’ ed elegante. Masini, uno riservato con lo sguardo rigido, ma buono e fragile. E Baglioni? Una cultura e una galanteria non da poco. Io a livello di cultura cerco di assorbire come una spugna ciò che mi circonda estrapolando ciò che per me risulta importante per rendere migliore la mia vita e quella degli altri. Per questo Unico, perché sono di molteplici personalità in base al mio umore. Posso vestirmi casual come anche super elegante, ma posso essere anche un galantuomo nelle vesti di uno casual.
“Scusa se ti voglio amare” arriva dopo “Una canzone d’amore”. Quanto è cambiato Unico tra questi due brani?
Unico racconta una grande e lunga storia. Potrebbe essere definito come un libro dove la storia è una sola, ma escono un po’ di pagine alla volta. Una sorta di EP frammentato.
Sicuramente racconta un’evoluzione non da poco. Dall’autobiografia di “Una canzone d’amore” dove raccontavo di una dichiarazione d’amore finita peggio di come avevo previsto, fino a “Scusa se ti voglio amare”, dove racconto l’intermezzo di questo cambiamento. Una sorta di Clessidra che viaggia indietro nel tempo e poi ritorna al suo stato naturale del processo evolutivo. Ci sono momenti in cui vai avanti e alcuni dove torni indietro, ma l’obiettivo finale è quello di ricordarsi che ogni cosa ha una scadenza; come il nostro tempo, e che quindi è fondamentale aprire nuove porte ad altre persone senza farsi influenzare da eventi passati. Posso dire che il cerchio in questa fase è ancora aperto, ma non ancora per molto e non escludo in un futuro non troppo lontano di poter chiudere questa fase di vita.
Hai partecipato a concorsi importanti e ora sei in semifinale a “Una voce per San Marino”. Come stai vivendo questo momento della tua carriera?
Sento che è un momento delicato della mia carriera. Onestamente non pensavo di arrivare in semifinale, è stata una sorpresa inaspettata. L’ho vissuta molto bene e in modo intenso. Credo che per la prima volta mi sono sentito più a mio agio, perché sentivo di meritarmelo.
Sto cavalcando un po’ l’onda delle semifinali anche di altri concorsi, tra cui uno ancora in corso (IVISIONATICI). In questo momento mi sento di essere la palla di ping-pong. Su e giù per mezza Italia per esprimermi in pochissimi minuti. Ho capito che la “vera scuola” è proprio la “classica gavetta”. Andare a letto tardi ed alzarsi presto, essere presente in anticipo, ore e ore di attese, confronto con altri artisti, conoscere chi lavora dietro le quinte e chi ci ascolta per “giudicarci”, mangiare il giusto per poter cantare, preparazione fisico-mentale e poi chiudere gli occhi e lasciarsi andare.
Credo che la magia è l’insieme di tutti questi passi che segnano e formano l’artista a dare il meglio di sé, sia fuori che sul palco, perché non è solo questione di cantare la propria canzone, ma anche come ci si relaziona e presenta con gli altri che fa la differenza.
Nella tua biografia parli di una missione: portare felicità agli altri attraverso l’arte. Come si realizza questo obiettivo nella vita quotidiana?
Nella vita quotidiana porto felicità con il mio modo di essere. Per me l’arte è presente in tutto: dalla scelta di quali vestiti indossare alla comunicazione. Quest’ultima influenza in modo positivo sulle relazioni umane. Il mio concetto è: poche ma buone. Anche se non mi dispiacerebbe trasformarlo in tante e buone. Un bravo attore parla spesso di questo contrasto fra la loro persona e il loro personaggio. Io non sono un attore, ma vivo anch’io questa cosa e sto accettando il fatto che persona e personaggio si sono plasmate in una cosa sola.
Si dice che io sia molto espressivo. Oltre a questo mi dicono che ho un potenziale nella recitazione e soprattutto nel doppiaggio. Rimango umile, ma probabilmente hanno ragione.
Ci metto tutto me stesso quando mi dedico alla persona che ho davanti per farla star bene, perché mi appaga il fatto che ride grazie a me.
Sono in grado di essere ironico e autoironico anche su argomenti delicati, perché è l’unico strumento che si ha per poter far pesare meno questa vita. Chiaramente rispetto i momenti di sconforto, ma poi bisogna voltare pagina e comunque rendere i momenti delicati più leggeri.
Conosco la solitudine, la sofferenza fisica e mentale. Ritengo di aver strumenti necessari per poter evitare di far passare agli altri ciò che ho passato io. Non sono un santo, ma realista.
Oltre alla musica, ti stai aprendo anche al doppiaggio, alla recitazione e alla moda. Dove ti vedi tra cinque anni?
Vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo. Forse l’ho presa un po’ troppo alla lettera. Difficile dirlo per me, anche se dovrei lentamente pensarci. Non nascondo di potermi vedere con un album finito e magari aver intrapreso la carriera di un artista a trecentosessanta gradi e quindi non solo in ambito musicale. Aver doppiato in qualche film, o essere parte di un film come attore. Parlando di moda, non sono mai stata una persona con un alto livello di autostima, ma penso che da questo punto di vista io stia cambiando in meglio. Un po’ fotogenico ci sono, dai. La cosa più importante a livello personale, non mi dispiace poter migliorare la mia situazione relazionale, come fare qualche uscita in più con nuove conoscenze e chissà, magari anche trovare l’anima gemella. Io ci credo ancora all’amore.
Mio padre dice sempre: l’unico rimedio che non abbiamo è quello della morte. Per il resto si può affrontare quasi tutto. Dico “quasi” per lasciare sempre il beneficio del dubbio, ma voglio essere positivo. A livello lavorativo ambisco ad avere una squadra più coesa. Caratteristica principale di tutti i tipi di relazioni? EMPATIA. L’empatia mi ha aperto un mondo e mi ha aiutato a leggere negli occhi di chi non vuol parlare. Io sono la loro voce.
La voce di chi vuole urlare e non può farlo. La voce di chi non ha il coraggio nemmeno di parlare a bassa voce. Io lo faccio, perché è diventata una missione personale e non più esprimermi solo per il gusto di farlo. Voglio lasciare un’impronta piccola, ma imponente per le persone. Sia nel privato che nel pubblico. Perché io sono la stessa cosa, la stessa persona con tante personalità che conosco molto bene.