Stanislao Sadlovesky: intervista per il debut album “Il declamatore”

 

Stanislao Sadlovesky. Un'entità ontologica emerge intermittente dall'oscurità, come lampi di magnesio portatori di codici semantici e lessicali altri. Non ha volto, non ha collocazione geografica o anagrafica. È la voce interiore che si colloca tra il metapensiero e il reale, un'allucinazione acustica ipnagogica. Viene da un mondo con cicli solari velocissimi e stagioni dispari, modulate su interferenti flussi di coscienza a più livelli. Domina un senso di sovvertimento di tutte le leggi semantiche e di natura. L'impressione è di conversare con il je est un autre di Rimbaud, osservando le albe di una città a due soli mentre l'asfalto suppura delle rivolte dei vivi, o dei morti che si credono vivi, in una danza macabra ematica. Il cranio viene infilato tra due elettrodi che funzionano come casse sintonizzate su due canali audio divergenti, declinando i pensieri in modi e tempi differenti. Ed ecco che poi il lessico familiare si fa sottolinguale, una sorta di filastrocca autistica, dipanata tra i denti all'inizio di un giorno già finito. Stanislao è un viaggio sonoro, visivo e sinestetico che ci lascia attoniti, stralunati, altrove, con la corteccia cerebrale avvolta nel nastro isolante. Echi sonori sembrano provenire da galassie sconosciute, forse già collassate.  Arrivano come un'onda gravitazionale in differita. È una nuova declinazione (o deviazione) di teatro distopico che spiega se stesso, ogni volta diversamente, senza necessità di esegesi, semplicemente esistendo.
Dopo “Sangue per Zanzare” e “Il futuro si fa attendere” con i relativi videoclip esce il debut album “Il declamatore”, pubblicato da Overdub Recordings e distribuito da Ingrooves/Universal Music Group, disponibile sulle piattaforme digitali e in formato fisico dal 19 gennaio
 
"Il Declamatore" è un album che sembra trascendere i generi convenzionali, offrendo un viaggio sonoro unico. Come descrivereste il vostro stile musicale e quali influenze ritrovate nelle vostre composizioni?
Viaggio sonoro unico ci piace! La base di partenza è la musica elettronica ambient, genere nel quale è specializzato Alessandro. Le contaminazioni derivano dai contributi di Massimo, l'altro “Stanislao”, e dall'aver giocato con le sperimentazioni e i materiali, facendo incontrare incisioni acustiche ed elettronica.
 
"Il Declamatore" sembra narrare una storia complessa e profonda. C'è un filo conduttore o un tema centrale che collega le diverse tracce dell'album?
Riteniamo più interessanti le impressioni dell'ascoltatore piuttosto che esternare delle chiavi di lettura. L'album ci è risultato subito molto compatto e ad un certo punto abbiamo sentito che era finito, non c’era più nulla da aggiungere.
 
La voce che emerge da un Altrove interiore è un elemento intrigante. Come avete sviluppato questo concetto e qual è il ruolo di questa voce all'interno delle vostre composizioni?
È la voce di Stanislao, è la sua essenza, è lui “Il Declamatore”. Abbiamo creato appositamente questo personaggio.
 
Il vostro sound sembra essere intriso di elementi sinestetici. Come cercate di catturare e trasmettere sensazioni attraverso la vostra musica?
C'è la cura della parola, della parola con altre parole, delle frasi con altre frasi. La musica che cuce ed avvolge tutto. La sensazione oltre la comprensione. La sensazione diventa protagonista. Ci lasciamo trasportare in un viaggio in cui non è necessario capire e sapere tutto. La creazione di immagini che travalicano il suono.
 
Parlando dei prossimi progetti, cosa possiamo aspettarci dal futuro degli Stanislao Sadlovesky?
L'album è appena uscito, quindi per ora ci piacerebbe solamente che venisse ascoltato da più gente possibile, in modo da poter arrivare ad un pubblico che possa apprezzarlo ed immedesimarvisi.
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